lunedì 22 febbraio 2010

Muschio e canzoni

di Aldo Ardetti
Arrivò il sospirato diploma e la voglia di una vacanza, di andare all’avventura dopo le letture beat sulle panchine della piazza. Sì, ma il money? Non ti preoccupare aveva detto Mario, rassicurandomi. E così riempimmo gli zaini rimediati a Porta Portese e, sul Raccordo anulare di Roma, iniziò il nostro on the road.
In Toscana ci sfamammo con la frutta dei campi, soprattutto con le more dei gelsi. Non udimmo abbai o colpi di doppiette.
Riuscimmo a raggiungere il confine con l’Austria. Al Brennero attraversammo il confine in treno fino a Innsbruck dove, per curiosità, avrei controllato le piastrelle rosse della stazione ferroviaria descritte in un famoso romanzo. C’erano ancora quelle.
Alle mie spalle sentii fischiettare ’O sole mio ma la persona, dall’aria paesana, decise di non darmi ascolto. Abbandonai l’impresa deluso. Mi sentii tradito.
Lo stomaco iniziava a lamentarsi e anche la vescica. Chiedemmo del bagno in un negozio che vendeva kartoffeln ma ricevemmo un nein e uno sguardo inceneritore: italienisch. Allora decisi di risolvere il problema in maniera semplice e sbrigativa. Mi guardai intorno e, scrutato il mercato coperto, mi diressi verso un angolo che assicurava riparo.
L’autostop per München non funzionò e – capita l’antifona – battemmo in ritirata, tornammo in patria. Ci fermammo in un campeggio di Firenze, lungo la salita che porta a Piazzale Michelangelo, dove fummo accolti da Azzurro cantata da Celentano. Il juke-boxe suonava quel disco a ripetizione. Gli ospiti – soprattutto gli stranieri – non ne potevano più.
A Innsbruck, qualche mese più tardi – in un angolo del mercato coperto – ci sarebbe stata la raccolta di vero muschio per il presepe del vicino Natale.
“Azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me…” cominciai a cantare insieme alla figlia di un militare americano della Nato di stanza in Germania.

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