giovedì 25 febbraio 2010

La piccola amica

di Aldo Ardetti

Mi dava ‘zampuffetti’ sulla mano penzolante. All’improvviso è scattata per sparire in fondo al corridoio per poi riapparire, con circospezione, per annusare il suo territorio, il suo mondo che preferisce avere sotto controllo.
Prende a unghiate il tappeto. Mi chiedo se in questa casa s'aggirino fantasmi. Questa casa non è solo la mia casa.
Sono abituato a questi suoi comportamenti e altri rituali.
Avvertii una strana sensazione nella casa silenziosa. Provai a lanciare richiami. Feci il tour che toccava i luoghi preferiti iniziando dal nostro letto, i tappetini, le sparse sedie, l'angolo refettorio. Nulla.
Nella testa cominciarono ad accumularsi ipotesi: ha approfittato di un momento in cui era aperto il portoncino d'ingresso? Era già successo quando si era avventurata su per le scale con conseguente perdita dell'orientamento. Dal balcone si era lanciata dietro un uccello che passava? Avevo sentito dire che anche questo può accadere. Avvertivo tutta la responsabilità fino a sentirmi male. Acceleravo il ritmo dei passi da un capo all'altro della casa. Ormai davo per scontato che fosse accaduto qualcosa di irreparabile.
La camicia, cambiata poco prima, s'era chiazzata di sudore. Me ne liberai nel bagno per rinfrescarmi pensando di placare anche l'agitazione che si era impadronita del corpo e dello spirito. Andai ad aprire l'armadio per scegliere un'altra camicia.
"Miao" fu un richiamo dal fondo.
Provavo rabbia e felicità. La colpa era tutta mia: io l'avevo rinchiusa nell'armadio, io le avevo chiuso le ante davanti al musetto, alla sua curiosità.
“Minuuù!”
La presi in braccio e la coccolai tra tante parole.
"Miao”
Ebbi la sensazione che fosse un rimprovero.
Affondai le dita nella pelliccia folta e morbida. E la baciai.

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